Martina Magrin, 3CSC, LICEO “QUADRI” – VICENZA
Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa
Nell’affresco di una Sicilia settecentesca permeata da profumi, sapori e colori si colloca l’intreccio di un romanzo dolcemente malinconico. Fin dalle prime pagine il lettore può immergersi nel clima pregno della trepidazione del passaggio dalla rigida e stagnante società semifeudale all’Illuminismo che s’insinua con violenza nell’isola attraverso nuovi costumi e racconti di intrepidi avventurieri. L’atmosfera siciliana narra di un tempo remoto in cui il buio era illuminato solo da stelle o candele, in cui a tredici anni le donne erano mogli e madri e a trenta erano vecchie, in cui la trama del destino dei figli era ordita ancor prima della loro nascita. La realtà presenta nel romanzo è un teatro dominato dalle questioni di eredità e di famiglia, dallo sfarzo e dall’eccesso dei palazzi palermitani e delle ville di campagna in cui la vita diviene sonnolenta e pacata.
L’inesorabile susseguirsi dei capitoli trasmette e scandisce il tempo che fluisce e permette alla Storia di intersecarsi con le vicende della lunga e sorprendente vita di Marianna Ucrìa.
Con uno stile ricco e delicato la Maraini tratteggia sapientemente la figura di una donna che, sordomuta dalla nascita, si dimostra indipendente e fiera nel proprio mondo di parole che non può percepire ed esprimere. Attraverso la scrittura e l’amore per i libri, per lei rifugio e conforto, Marianna impara a comunicare e riesce a vivere con distacco che i vizi della propria classe sociale. Un affascinante personaggio femminile rappresenta con forza il tentativo di trovare uno spiraglio di libertà e di ribellarsi alle ipocrite convinzioni che si oppongono all’emancipazione femminile e al progresso.
Le parole intrise di significato incidono e sono simbolo di una realtà che non deve essere silente e ovattata, ma rumorosa e libera.