recensione a cura di Sara Bastianello, 5AII Itis “Alessandro Rossi” Vicenza
“E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c’era stato; e non ci sarebbe stato mai nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore.”
Una rabbia violenta entra come la polvere nelle case dei mezzadri dell’Oklahoma. Come la polvere invisibile, s’insinua in ogni fessura e accumulandosi cresce, cresce, cresce…
1929: la Grande Depressione. Miseria e ricchezza, profitti e sopravvivenza, campi fertili ma incolti. L’esodo simbolo della famiglia Joad, emigrata nel promettente West in cerca di fortuna, denuncia la condizione di migliaia di persone, che proprio negli anni del tracollo finanziario di Wall Street, sono state manovrate da un sistema capitalistico che non lascia spazio all’individuo nei suoi valori essenziali: la famiglia, la terra, il lavoro. In seguito all’irruente Dust Bowl del 1934, aggravata dalla precaria situazione economica americana, numerose famiglie dell’Est, si videro sottratta la terra dove i nonni dei loro nonni avevano piantato le proprie radici. Un’odissea lungo la Route 66 nella quale i protagonisti affrontano le insidie di un viaggio disperato, descritto abilmente dall’autore con un linguaggio che non necessita di tedianti descrizioni per evocare le stesse immagini e sensazioni, provate dalla famiglia Joad.
“Furore”, non è solamente la testimonianza delle precarie condizioni cui la crisi del secolo scorso aveva ridotto milioni di persone, ma è anche una lucida accusa al cambiamento sociale, al quale il progresso tecnologico ha portato. Questo libro infatti, è giunto ai giorni nostri portando in sé un’attualità che ancora ci spinge a riflettere sul sistema economico-sociale in cui viviamo, caratterizzato da una crisi decennale che molto può condividere con il primo trentennio del ‘900.
John Steinbeck, detentore del premio Nobel per la letteratura nel 1962, tramite le pagine del suo più celebre romanzo, ci invita a condividere il viaggio dei protagonisti, spogliandoci delle nostre ricchezze per ritrovare una solidarietà tra gli uomini, che nasce e fermenta insieme alla miseria. Laddove la logica del profitto non inaridisce la terra infatti, cresce il senso di fratellanza che accomuna i bisognosi, i quali imparano a trovare il tutto nel nulla, nelle cose semplici, in un gesto d’altruismo.
Un romanzo che ci allontana dai frenetici grattaceli delle grandi città, per riportarci al piacere puro e semplice di un seme che germoglia nella terra.