recensione a cura di Marco Giubilato, 1A Classico Liceo “Brocchi” Bassano
Un Fantasy fuori dal comune
Spesso, pensando al genere “fantasy”, vengono subito in mente creature straordinarie, orchi, elfi, incantesimi, vicende inverosimili, insomma, si pensa ai romanzi di Tolkien. Molto diverso è invece il contesto della saga de Il Trono di Spade (di George R. R. Martin, tradotto da Sergio Alfieri) ambientata in un mondo medievale, ma molto realistico, simile a quello feudale dell’Europa del Sud, non caratterizzato dagli elementi tipici del “fantasy”. E’ un romanzo molto particolare: non c’è un protagonista, tutto gira attorno al “Trono di Spade”, simbolo del potere, che rende gli uomini disposti a tutto per ottenerlo, facendoli subdoli e astuti, anche se spesso il Trono si rivela una trappola mortale, e, inoltre, non ci sono né buoni né cattivi. Martin fa in modo che non si presagisca nulla, arricchisce il racconto con intrighi, congiure di corte e colpi di scena inaspettati, e così la morte raggiunge improvvisamente in maniera rude chiunque sembri uno dei personaggi fondamentali del racconto, stroncando ogni possibile previsione del finale e incuriosendo il lettore, facendo sì che egli non si annoi mai. Lo stile è avvincente, e, nonostante la mole dei libri (12 volumi da circa 400 pagine ciascuno) la narrazione non è pesante, anzi, incalzante, ed è caratterizzata da descrizioni molto incisive, che delineano con vivacità ogni persona o luogo, e scene di duelli e di battaglie epiche.