Nell’atrio deserto, dall’alto attraverso la vetrata del tetto, pioveva la luce di una mattina calda e sonora di settembre. Di fuori garrivano ancora, come bandiere di festa, le vacanze coi giochi e coi bagni. Dal secondo loggiato provenivano di tanto in tanto squilli di voci ridenti che, ripercotendosi sulle colonne, empivano l’atrio di fragore.
S’era radunato lassù un gruppetto di studenti. Costoro, giovani d’altri tempi, conoscevano da sette anni quell’atrio e vi si muovevano con molta domestichezza; ma i loro atti non erano senza il freno d’un vago senso di rispetto e di timore. Se qualcuno accalorato alzava la voce, subito gli altri si guardavano intorno dubitanti ed egli stesso ne sembrava spaventato. Volgevano a intervalli la loro attenzione verso un uscio, sopra il quale un bianco tondino laccato avvertiva con cifre nere che quella era l’aula della “ottava ginnasio”. Vi sarebbero entrato fra pochi giorni e questo pensiero li turbava e li inorgogliva. Ma non per vedere la porta della loro classe s’erano dati convegno lassù quella mattina, ancora in piene vacanze, sacrificando uno splendido bagno. La loro curiosità era stata attirata da ben altra cosa. Di là da quell’uscio Edda Marty lottava col tema di latino. Edda Marty era coraggiosa; era la prima donna che tentava la conquista d’un posto in quel ginnasio maschile. Dare l’esame in otto materie, rispondere per cinque anni di greco e sette di latino, non era uno scherzo.
(Giani Stuparich, Un anno di scuola, Einaudi, Torino 1961)