incipit – giorgio bassani, il giardino dei finzi-contini

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Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini – di Micòl e di Alberto, del professor Ermanno e della signora Olga -, e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la casa di corso Ercole I d’Este, a Ferrara, poco prima che scoppiasse la guerra. Ma l’impulso, la spinta a farlo veramente, li ebbi soltanto un anno fa, una domenica d’aprile del 1957.

Fu durante una delle solite gite di fine settimana.Distribuiti in una decina d’amici su due automobili, ci eravamo avviati lungo l’Aurelia subito dopo pranzo, senza una meta precisa. A qualche chilometro da Santa Marinella, attirati dalle torri di un castello medioevale che erano spuntate all’improvviso sulla sinistra, avevamo voltato per una viottola in terra battuta, finendo quindi a passeggiare in ordine sparso lungo il desolato arenile stendentesi ai piedi della rocca: molto meno medioevale, quest’ultima, esaminata da vicino, di quel che non avesse promesso di lontano, quando, dalla nazionale, l’avevamo scorta profilarsi controluce sul deserto azzurro e abbagliante del Tirreno. Investiti in pieno dal vento, con la sabbia negli occhi, assordati dal fragore della risacca, e senza neanche poter visitare l’interno del castello perché sprovvisti del permesso scritto di non so quale istituto romano di credito, ci sentivamo profondamente scontenti e irritati di aver voluto uscire da Roma in una giornata come quella, che adesso, in riva al mare, si rivelava di un’inclemenza poco meno che invernale.

(Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, Feltrinelli, Milano 2012 – ed. orig. 1962)

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